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Osio: "Dagli slippini dei giocatori alla retrocessione in D

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    2020-5-21 23:07
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    发表于 2014-5-12 23:15:44 | 只看该作者 回帖奖励 |倒序浏览 |阅读模式
    Nel calcio impacchettato dove tutti devono saper fare tutto - almeno in teoria - ci siamo chiesti: "Uno come Marco Osio dove andrebbe collocato?". Mica facile dare una risposta. L'ex trequartista attualmente non troverebbe facile occupazione nel centrocampo e nell'attacco di molte squadre: giocatore atipico che una volta - parliamo degli anni a cavallo tra gli '80 e i '90 - faceva impazzire gli amanti del bel calcio con le giocate che all'epoca erano ancora consentite, mentre oggi dovrebbe snaturarsi per poter essere dell'11 titolare e guai se decide di concedersi qualcosa al di fuori dello spartito imparato a memoria durante la settimana. Come punizione c'è la panchina.

    Il destino di Marco Osio in campo è stato quello dell'indefinito per eccellenza: barba incolta, capelli lunghi, giocatore fuori dai ruoli, indisciplinato per chi fa del calcio un muro dove far rimbalzare la palla sempre alla stessa altezza. Estemporaneo e foriero di pensieri non di rado al di fuori della diplomazia di facciata che gli sono costati, a suo parere, una carriera diversa dopo il suo ritorno dall'esperienza in Brasile a metà degli anni '90 con il Palmeiras.

    A fatica sta cercando di rialzarsi dall'esame Rimini, dove in una stagione ne ha viste di tutti i colori: da un inizio folgorante con una serie positiva di dieci giornate, seguito da un blocco che è proseguito a fasi alterne senza mai scomparire, fino alla retrocessione domenica pomeriggio al "Menti" contro il Real Vicenza (2-2 il finale).

    Marco Osio è un personaggio che ama circondarsi di un'idea di calcio fatta di lavoro sul campo svolto con un pizzico di ironia, senza mai prendersi troppo sul serio. Ci siamo fatti raccontare dal "Sindaco di Parma" (così era denominato dai tifosi ducali) questa stagione a Rimini, senza dimenticare il suo passato, sempre sul punto di spiccare il volo definitivo e mai arrivato all'olimpo. Osio però non è dispiaciuto: a ognuno il suo diceva Luigi Pirandello.

    TuttoLegaPro.com ha voluto iniziare questa intervista esclusiva con Osio con un tuffo nel presente, fatto di baratro dilettantistico come prospettiva immediatamente futura.

    Mister, sarebbe riduttivo parlare della partita di domenica. Vogliamo partire da lontano: prime undici giornate e una sola sconfitta, quella da 2-0 avanti a Bassano e finita 3-2 per i veneti all'esordio. Da quell'inizio più che positivo, vi siete persi. Sei riuscito a capire cosa fosse successo alla tua squadra?

    "Già il fatto che si dovesse partire con un punto di penalizzazione dava l'idea di quello a cui saremmo andati incontro. E all'inizio la partenza spedita ha colmato tanti problemi che avevamo: in quattordici partite abbiamo fatto
    ventisei punti e questo ha, in un certo senso, fatto abbassare la guardia alla squadra e da lì tra varie vicissitudini societarie abbiamo trovato difficoltà a riprenderci".

    Hai battuto sul tema dell'aspetto mentale, a tuo modo di vedere un vero tallone d'achille di questa squadra.

    "Ti dirò che a Bassano alla prima giornata avevamo iniziato benissimo con la mentalità della squadra che sa giocare a calcio. Scesi in campo propositivi, spavaldi e ad un certo punto ci siamo trovati 2-0 con quel piglio di chi deve ammazzare il campionato già a dicembre, come è poi avvenuto al Bassano stesso. Sul finire del primo tempo ci siamo trovati sul 2-2 senza un motivo apparente. C'è stato un black out mentale che è proseguito anche nella ripresa. Ad un certo punto ho detto ai componenti della panchina che eravamo fortunati se la partita la perdevamo solo 3-2. Ci siamo chiusi in area di rigore, con i difensori che marcavano il portiere, i centrocampisti che marcavano i difensori e gli attaccanti che marcavano i centrocampisti. Dopo quella partita abbiamo invertito il trend e i risultati si vedevano. Preparavamo la partita durante la settimana senza preoccuparci di chi fosse l'avversario. Dicevo loro: non interessa chi abbiamo di fronte, facciamo il nostro gioco senza avere assilli su chi c'è davanti. La domenica creavamo sette, otto palle gol e contro il Bra alla seconda giornata facciamo una partita importante. Avanti 2-0, prendiamo il 2-1 e in quel momento chiedo alla squadra di giocare altissima e vinciamo 4-1. Sotto l'aspetto mentale se devo trovargli una pecca, a questa squadra è mancato un vero leader. Il capitano Brighi e il vice Scotti sono bravi ragazzi, ma avere la fascia di capitano non equivale ad essere un leader che trascina un gruppo. E ho lavorato su questo versante, cercando di infondere nella squadra quell'entusiasmo, creando un cuscinetto tra noi e le difficoltà del club, abbastanza evidenti, per evitare ingorghi mentali. Vuoi non vuoi il problema nello spogliatoio era sentito e non tutti i giocatori reagiscono allo stesso modo: c'è chi se ne sbatte altamente e chi si abbatte. Ho provato anche a dicembre a cercare una rottura per far cambiare le cose con il Direttore sportivo Mauro Traini, al punto da non far disputare un allenamento alla squadra per risolvere questa cosa. Penso di aver sbagliato nel credere che potessimo uscirne fuori lo stesso come squadra. C'è stato l'avvicendamento in panchina (arrivo di Buglio a fine febbraio e ritorno di Osio a metà marzo). A tutto ciò va aggiunto che per una buona parte della stagione abbiamo perso due giocatori importanti come Baldazzi e Nicastro: quando son tornati si è vista subito la differenza di rendimento della squadra stessa".

    Voi siete partiti tardissimo per il ritiro.

    "Siamo partiti il 27 luglio con una rosa di 40 giocatori, ma effettivi ne avevamo 18 o 20. Faccio la conferenza stampa e nel frattempo cambia la sede del ritiro all'ultimo istante. Pensa che prima di salire sul pullman ho dovuto prendere la mia macchinina e andare a comprare quaranta paia di slippini e calzini, perchè non c'erano i ricambi e mancava il materiale base per poter lavorare. Questo spiega un po' tutta la situazione, ma nonostante ciò vengo ricordato come l'allenatore che ha fatto giocare meglio il Rimini e da queste parti molta gente mi ha riconosciuto che la squadra non giocava così da tanti anni. E' una soddisfazione minima perchè alla fine siamo retrocessi".

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    2020-5-21 23:07
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     楼主| 发表于 2014-5-12 23:16:31 | 只看该作者
    Pensi di rimanere?

    "Stiamo discutendo con la società. Una chiacchierata ce la siamo fatta. Attualmente la proprietà sta risolvendo il problema più importante: sgravarsi dei contratti di quasi tutti i giocatori che abbiamo. Per fortuna che tutti si sono presi le loro responsabilità e gliene va dato merito. Ci sono quelli che hanno rinunciato all'ultimo mese di stipendio e chi ai premi. Abbiamo alcuni giocatori in prestito e questo è un po' più difficile da risolvere. Certo la società dovrà dotarsi di un Direttore sportivo e quest'ultimo deciderà se confermarmi o meno. Sono dell'idea che una piazza come Rimini possa fare la "Lega Pro unica" a occhi chiusi e gli stia anche stretta e non credo che rimarrà molto tempo nei dilettanti. Questa città ha fame di calcio e c'è bisogno di riportare entusiasmo e c'è da capire i tifosi che adesso sono dispiaciuti e affranti. Il presidente ha una sua idea a più ampio respiro. Staremo a vedere e certo non posso essere io a candidarmi come allenatore del Rimini della prossima stagione".

    Nella tua seppur giovane carriera da allenatore ne hai viste di tutti i colori: raccontaci un po' del tuo esonero a Nuoro con la Nuorese (nel 2007) dopo poche domeniche.

    "Una cosa incredibile quella esperienza. Alla prima giornata vinciamo a tavolino sul campo del Mezzocorona perchè non avevano il campo a norma. Alla seconda perdo contro il Pergocrema (attuale Pergolettese), pareggio contro il Pizzighettone e la Torres. Vengo a sapere del mio esonero senza che il presidente abbia mai visto una partita della squadra".

    A Bellaria lo scorso anno sei arrivato a metà campionato e hai ottenuto una salvezza che in molti pensavano impossibile.

    "Anche lì la situazione non era particolarmente facile. Società non organizzata a dovere e ho avuto parecchi scontri con Ulizio (Direttore generale del club biancoazzurro), un po' di meno con Califano (attuale Direttore sportivo). Nonostante questo ho ottenuto una salvezza importante in un contesto non facile".

    A Rimini hai superato l'ennesimo esame: ne hai viste di tutti i colori in questi anni.

    "Vorrei lavorare prima o poi in una società dove il presidente faccia il presidente, ci siano poi il Direttore generale, il Direttore sportivo e la squadra con l'allenatore. Se poi i risultati non arrivano, giusto che paghi, però che almeno ci sia il rispetto dei ruoli".

    Parlato del Rimini e delle tue varie esperienze in altre squadre, ora focalizziamoci su alcune tue dichiarazioni. Tempo fa hai detto: "Siamo ancora sicuri che in Italia si giochi bene, con i calciatori sempre più atletici e sempre meno tecnici?". E' cambiato o meno il suo pensiero al riguardo?

    "Sono sempre di questo avviso e posso dirti che due mesi fa in un convegno a Coverciano, c'erano Carlo Ancelotti (allenatore Real Madrid, ndr), Luciano Spalletti (attualmente svincolato, con esperienza in Russia allo Zenit fino a qualche mese fa) e Rafa Benitez (allenatore del Napoli). Il tecnico dei partenopei ha lavorato nei maggiori campionati esteri: Spagna e Inghilterra e faceva notare proprio questo: in Italia c'è tanto tatticismo, troppa esasperazione del primo non prenderle, mentre in Spagna le cose sono diverse: maggiore libertà nel gioco, andatura più lenta e meno corsa. In Inghilterra invece prevale l'agonismo puro e un Liverpool che fino al 55' vinceva 3-0 sul campo del Crystal Palace, si è fatto rimontare fino al 3-3 da una squadra che non ha nulla da chiedere al proprio campionato. C'è una mentalità diversa tra noi e gli altri che diventa un gap insormontabile. Così troviamo una Juventus che in Italia domina e quando va in Europa fa fatica a raccogliere risultati. E' insito nella nostra cultura l'idea del risparmio e del non prendere gol, tanto prima o poi qualche gol là davanti lo facciamo. So di darmi una martellata sui coglioni perchè vado contro i miei interessi di allenatore, ma è la verità. Altro aspetto che voglio farti notare: la cura che all'estero hanno dei settori giovanili. Sono un ammiratore della cantera del Villareal, che non sforna talenti come Barcellona e Real Madrid, ma ha i suoi risultati. Inoltre il giovane che viene fuori, ha già una sua impostazione e ha lavorato per anni su un tipo di modulo e arriva pronto per la prima squadra. Quello che maggiormente mi meraviglia è sentire tanti parlare di calcio dimenticando che se non si conosce lo strumento dello stesso è come cambiare aria. Mi spiego meglio: l'attrezzo che si utilizza in campo è il pallone e se sai come si colpisce e si palleggia e si controlla, hai molteplici vantaggi: hai tempo per decidere cosa fare. Ho fatto sette anni di settore giovanile al Torino e ho giocato con i mini giovanissimi granata disputando partite contro quelli più grandi di noi di tre, quattro anni. Fino agli Allievi ti veniva insegnata la tecnica, di seguito avresti imparato la tattica. Finchè il pallone ce l'hai tu, al massimo può finire 0-0, a meno che non ti fai gol da solo".

    Ci offri un assist per parlarci della tua esperienza in Brasile al Palmeiras (1995/96). Parlando del calcio brasiliano hai detto: "La loro mentalità è chiara: E' la palla che deve sudare, non il giocatore".

    "Confermo tutto. Posso dirti che in Sudamerica non curano particolarmente l'aspetto fisico, proprio per questa loro caratteristica. Inoltre in Brasile tra Coppa Libertadores (equivalente della nostra Champions League) altre manifestazioni e campionato arrivano a giocare novanta partite a stagione. Ad un certo punto ti alleni giocando e non sono poi del tutto contrario a questa idea di calcio. E loro dicono proprio questo: lo strumento base è il pallone ed è lui che deve sudare non il giocatore".

    Senti, ma è vero che in Brasile le telenovelas avevano il potere di spostare le partite di campionato?

    "Accidenti se è vero. Lì c'è un culto per questo genere di programmi e ci è capitato che quando una di queste telenovelas dopo quasi trenta anni di programmazione era agli sgoccioli, la partita che doveva iniziare alle 21, veniva spostata alle 22 o addirittura alle 23".

    Sei un amante della musica new wawe. Ancora collezioni dischi? Con il Parma alla vigilia della finale di Coppa delle Coppe contro l'Anversa a Wembley (maggio 1993: vinta 3-1 dai ducali) la mattina sei andato a Londra a comprare i dischi.

    "Vero vero. Andai alle Tower Records a comprare una quantità infinita di dischi. Attualmente cosa ascolto? Mi sto dedicando ad ascoltare di tutto e in particolar modo il rock più heavy. Sono un amante dei Clash e dei Cure e non disdegno di cercare gruppi strani o qualcosa di nuovo e inedito. Sono alla continua ricerca di suoni diversi e interessanti".

    Coltivi ancora l'hobby dei cavalli?

    "No no, ho capito che l'impresa non valeva la spesa e ho deciso di darci un taglio. E' una passione che è nata dalla conoscenza di uno dei più bravi allenatori del campo, Bruno Grizzetti. Già è difficile per me conciliare il mio ruolo di allenatore, figurarsi nel gestire dei cavalli. Devo dire che le mie soddisfazioni me le sono tolte vincendo anche dei premi, però ora ho detto basta".

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