TA的每日心情 | 开心 2020-5-21 23:07 |
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Nel calcio impacchettato dove tutti devono saper fare tutto - almeno in teoria - ci siamo chiesti: "Uno come Marco Osio dove andrebbe collocato?". Mica facile dare una risposta. L'ex trequartista attualmente non troverebbe facile occupazione nel centrocampo e nell'attacco di molte squadre: giocatore atipico che una volta - parliamo degli anni a cavallo tra gli '80 e i '90 - faceva impazzire gli amanti del bel calcio con le giocate che all'epoca erano ancora consentite, mentre oggi dovrebbe snaturarsi per poter essere dell'11 titolare e guai se decide di concedersi qualcosa al di fuori dello spartito imparato a memoria durante la settimana. Come punizione c'è la panchina.
Il destino di Marco Osio in campo è stato quello dell'indefinito per eccellenza: barba incolta, capelli lunghi, giocatore fuori dai ruoli, indisciplinato per chi fa del calcio un muro dove far rimbalzare la palla sempre alla stessa altezza. Estemporaneo e foriero di pensieri non di rado al di fuori della diplomazia di facciata che gli sono costati, a suo parere, una carriera diversa dopo il suo ritorno dall'esperienza in Brasile a metà degli anni '90 con il Palmeiras.
A fatica sta cercando di rialzarsi dall'esame Rimini, dove in una stagione ne ha viste di tutti i colori: da un inizio folgorante con una serie positiva di dieci giornate, seguito da un blocco che è proseguito a fasi alterne senza mai scomparire, fino alla retrocessione domenica pomeriggio al "Menti" contro il Real Vicenza (2-2 il finale).
Marco Osio è un personaggio che ama circondarsi di un'idea di calcio fatta di lavoro sul campo svolto con un pizzico di ironia, senza mai prendersi troppo sul serio. Ci siamo fatti raccontare dal "Sindaco di Parma" (così era denominato dai tifosi ducali) questa stagione a Rimini, senza dimenticare il suo passato, sempre sul punto di spiccare il volo definitivo e mai arrivato all'olimpo. Osio però non è dispiaciuto: a ognuno il suo diceva Luigi Pirandello.
TuttoLegaPro.com ha voluto iniziare questa intervista esclusiva con Osio con un tuffo nel presente, fatto di baratro dilettantistico come prospettiva immediatamente futura.
Mister, sarebbe riduttivo parlare della partita di domenica. Vogliamo partire da lontano: prime undici giornate e una sola sconfitta, quella da 2-0 avanti a Bassano e finita 3-2 per i veneti all'esordio. Da quell'inizio più che positivo, vi siete persi. Sei riuscito a capire cosa fosse successo alla tua squadra?
"Già il fatto che si dovesse partire con un punto di penalizzazione dava l'idea di quello a cui saremmo andati incontro. E all'inizio la partenza spedita ha colmato tanti problemi che avevamo: in quattordici partite abbiamo fatto
ventisei punti e questo ha, in un certo senso, fatto abbassare la guardia alla squadra e da lì tra varie vicissitudini societarie abbiamo trovato difficoltà a riprenderci".
Hai battuto sul tema dell'aspetto mentale, a tuo modo di vedere un vero tallone d'achille di questa squadra.
"Ti dirò che a Bassano alla prima giornata avevamo iniziato benissimo con la mentalità della squadra che sa giocare a calcio. Scesi in campo propositivi, spavaldi e ad un certo punto ci siamo trovati 2-0 con quel piglio di chi deve ammazzare il campionato già a dicembre, come è poi avvenuto al Bassano stesso. Sul finire del primo tempo ci siamo trovati sul 2-2 senza un motivo apparente. C'è stato un black out mentale che è proseguito anche nella ripresa. Ad un certo punto ho detto ai componenti della panchina che eravamo fortunati se la partita la perdevamo solo 3-2. Ci siamo chiusi in area di rigore, con i difensori che marcavano il portiere, i centrocampisti che marcavano i difensori e gli attaccanti che marcavano i centrocampisti. Dopo quella partita abbiamo invertito il trend e i risultati si vedevano. Preparavamo la partita durante la settimana senza preoccuparci di chi fosse l'avversario. Dicevo loro: non interessa chi abbiamo di fronte, facciamo il nostro gioco senza avere assilli su chi c'è davanti. La domenica creavamo sette, otto palle gol e contro il Bra alla seconda giornata facciamo una partita importante. Avanti 2-0, prendiamo il 2-1 e in quel momento chiedo alla squadra di giocare altissima e vinciamo 4-1. Sotto l'aspetto mentale se devo trovargli una pecca, a questa squadra è mancato un vero leader. Il capitano Brighi e il vice Scotti sono bravi ragazzi, ma avere la fascia di capitano non equivale ad essere un leader che trascina un gruppo. E ho lavorato su questo versante, cercando di infondere nella squadra quell'entusiasmo, creando un cuscinetto tra noi e le difficoltà del club, abbastanza evidenti, per evitare ingorghi mentali. Vuoi non vuoi il problema nello spogliatoio era sentito e non tutti i giocatori reagiscono allo stesso modo: c'è chi se ne sbatte altamente e chi si abbatte. Ho provato anche a dicembre a cercare una rottura per far cambiare le cose con il Direttore sportivo Mauro Traini, al punto da non far disputare un allenamento alla squadra per risolvere questa cosa. Penso di aver sbagliato nel credere che potessimo uscirne fuori lo stesso come squadra. C'è stato l'avvicendamento in panchina (arrivo di Buglio a fine febbraio e ritorno di Osio a metà marzo). A tutto ciò va aggiunto che per una buona parte della stagione abbiamo perso due giocatori importanti come Baldazzi e Nicastro: quando son tornati si è vista subito la differenza di rendimento della squadra stessa".
Voi siete partiti tardissimo per il ritiro.
"Siamo partiti il 27 luglio con una rosa di 40 giocatori, ma effettivi ne avevamo 18 o 20. Faccio la conferenza stampa e nel frattempo cambia la sede del ritiro all'ultimo istante. Pensa che prima di salire sul pullman ho dovuto prendere la mia macchinina e andare a comprare quaranta paia di slippini e calzini, perchè non c'erano i ricambi e mancava il materiale base per poter lavorare. Questo spiega un po' tutta la situazione, ma nonostante ciò vengo ricordato come l'allenatore che ha fatto giocare meglio il Rimini e da queste parti molta gente mi ha riconosciuto che la squadra non giocava così da tanti anni. E' una soddisfazione minima perchè alla fine siamo retrocessi".
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