TA的每日心情 | 开心 2024-8-24 18:27 |
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Arriva a bordo di una Mini targata Roma. E’ mezzogiorno di sabato 13 novembre 1976. I tifosi lo aspettano, ma lui li pianta e se ne va a Sant’Arcangelo, albergo “Verde Mare”: qui c’è il Rimini in ritiro, momentaneamente in stato confusionale e ultimo in classifica. Perchè per lui è già il momento di marcare il territorio: “Ho sempre pensato che il destino mi avrebbe portato prima o poi in Romagna, anche se ho avuto altre richieste . Ma ho scelto la Romagna , una regione bellissima e che adoro. La responsabilità tecnica del Rimini sarà tutta mia. Una squadra è malata? Io scelgo la medicina giusta e la rimetto in sesto”.
Ingresso in campo del Rimini.La grinta di Pellizzaro, Rossi, Russo, Tancredi e Fagni
C’è uno splendido attico pronto in città, vicino al mare. Con lui è sbarcata la moglie Fiora. Tutti sanno che hanno un solo figlio, Helios. Invece dalla Mini ne escono due. La splendida bambina che c’è con loro si chiama Luna, ha tre anni ed è spagnola: Helenio sta ultimando le pratiche per la sua adozione. E’ un nuovo inizio. Scalda i motori: “A me non fa impressione scendere nella serie cadetta. E poi io ho cominciato in Francia proprio in serie B con il Puteaux. Mi servì moltissimo per fare esperienza. Adesso sono qui per lavorare e basta. Solo per raddrizzare questo Rimini. E la brutta posizione in classifica sarà uno stimolo. Molto peggio guidare una squadra in testa : c’è sempre il rischio di cadere”.
Una formazione storica del Rimini, quella schierata allo stadio “Braglia” di Modena il 26 settembre 1976. La prima in assoluto in campionati di Serie B
E la prima è Rimini-Brescia, succulenta perché contro uno dei suoi nemici, uno dei primi: il Brescia infatti in panchina ha il signor Antonio Valentin Angelillo: “Saluterò Herrera dandogli del lei e lui mi risponderà sicuramente dandomi del tu. Anche se mi sono davvero meravigliato: un grande come lui accettare di scendere in provincia”. “Angelillo può raccontare quello che vuole. Deve riconoscere che a quei tempi, avevo ragione io. Non appena si è separato dalla donna che lo stava rovinando, è diventato un altro”. Per fortuna che è già domenica. La mattina Helenio confessa i calciatori. Uno per uno. Ed è lì pronto alle 14,25 : li abbraccia, ancora uno per uno. Poi pretende il mischione per darsi l’ultima spinta, mentre lui si accomoda in tribuna. Può seguirla solo da lì per un semplice motivo: perché è squalificato. Segue la partita impassibile, cappotto blu elegante. Parla poco. Ha un foglietto con la formazione del Brescia e accanto ai nomi tante frecce e freccette. Indica col dito il campo, a destra a sinistra. Poi trasmette gli ordini al direttore sportivo, che gira a una staffetta (con l’ombrello) che raccoglie, fa l’inchino e scende rapido i gradoni fino alla panchina . Lì c’è un dirigente accompagnatore.
Dalle figurine Panini
Chi si aspettava una brusca smazzata alla formazione, rimane deluso. Anche se Helenio pretende una squadra più lung , vuole profondità per disarticolare la fase difensiva avversaria. La coppia d’attacco è Fagni-Pellizzaro con Sollier a sostegno. E dopo qualche apprezzabile brano di calcio, inizia un vero assalto. Pellizzaro viene messo giù: Fagni va sul dischetto. Niente, se lo fa parare. Ed Helenio è nervoso. Non sopporta più gli occhiali. Li toglie, li perde. Poi li ritrova. E domanda: “Ma i rigori non li tira Di Maio ?”. A un quarto d’ora dalla fine, piazzato di Mariolino Russo e Beppe Fagni stacca di testa: Helenio scatta improvvisamente in piedi, Rimini in vantaggio. Tutti gli si buttano al collo. Abbracci. Anche l’uomo-staffetta festeggia. Poi agita l’ombrello e centra in pieno un paio di teste. La reazione del Brescia non c’è. Angelillo esibisce solo un inutile catenaccio : il primo tiro in porta di Altobelli è all’ottantacinquesimo. Poi ancora Fagni va sul fondo, ne salta uno e rientra: 2-0. Ed Helenio è in estasi. Lo spingono, lo portano di peso negli spogliatoi, sempre incappottato. E ancora abbracci. Ma non parla coi cronisti. Non può, c’è la squalifica.
“Il Mago” H.H. ritratto insieme a Giorgio Perversi, bandiera biancorossa degli anni 60, durante una seduta di allenamento con Franco Tancredi, giovane portiere protagonista di una brillante carriera in Serie A con la Roma e in Nazionale
Passano tre quarti d’ora. E cambia idea. Non ce la fa più. Perché adesso proprio non può sottrarsi. Perché lui conosce ogni angolo, ogni taglio di luce del palcoscenic . E la sua non è solo una conferenza stampa, ma prorompe come una sinfonia. Tutta d’un fiato: “Sono molto contento. Ottima squadra, mi è piaciuta. Ho rettificato alcune cose, ma la miglior tattica è sempre quella che colloca il calciatore nel posto che più gli si addice. Sono stato bravo a trasmettere ai miei giocatori il mio entusiasmo, la mia carica. Stamattina li avevo trovati ben disposti a reagire, a migliorare. L’avvenire sarà radioso perché la squadra è ben preparata ed è merito di Meucci che mi ha preceduto. Perché io non credo nei maghi. Credo nel lavoro, nell’esperienza e nell’intelligenza. I ragazzi sono stati tutti magnifici. E su un terreno pesante. Altrimenti avrebbero vinto con punteggio ben maggiore. Quel gol non arrivava mai e la tensione cresceva sempre più. Io ero convinto che ce l’avrebbero fatta. Anche dopo il rigore mancato”. Il Rimini aveva segnato un gol soltanto in sette partite e non vinceva una partita di campionato da otto mesi. Dai tempi della C. Helenio esce dallo stadio in trionfo : “In questi anni ho tenuto dei quadernetti , dove ho annotato tutto: calcio italiano, europeo, mondiale. Proprio come una volta. Perché io sono sempre stato all’avanguardia e saprò esserlo ancora. Sono un atleta di sessant’anni, che fa ginnastica, yoga e lunghe camminate. Chi si ferma , è perduto. E il calcio è in piena evoluzione come la vita”.
Prova a rielaborare dati e geometrie. A vedere se ha la stessa inquieta curiosità dei bei tempi. E riprende a parlare di tutto. Della Nazionale per esempio: “Bernardini ha fatto solo perdere tempo. Adesso con Bearzot va meglio. Sottoscrivo la sua formazione per dieci undicesimi. Metterei però Mozzini al posto di Gentile sui centravanti alti e grossi”. “E Italia-Inghilterra per le qualificazioni mondiali come finirà? ” “Vinceremo 2-0 oppure 3-1”.
Buona la prima.
E parla dell’ Inter , of course: “Io chiesi Pulici o Savoldi. Mi comprarono Cerilli, Roselli e compagnia bella. Gente non da Inter e infatti non hanno vinto più niente”. Il presidente Fraizzoli lo aspettava : “Se Herrera è tanto bravo, perché è finito così in basso, al Rimini ? E’ un uomo malato”.
Per la trasferta di Avellino, la squadra lo trova già sul posto. Helenio è partito il giovedì, con due giorni d’anticipo. Lo accoglie con tutti gli onori l’allenatore avversario , Corrado Viciani. Proprio lui, il profeta del gioco corto: “Herrera ? Lui è rimasto alla sua Inter: è un ritardato tattico”. Lui non raccoglie provocazioni: “Credo in uno schieramento misto, che tra l’altro, avevo già adottato con la Roma. Le punte si devono marcare in modo implacabile, molto strette. Ma a centrocampo bisogna muoversi a zona. I centrocampisti sono i motori della squadra , ma che motori sarebbero se fossero costretti a correre dietro agli avversari? Questi i concetti basilari che farò applicare al Rimini . In quanto ai rapporti con i calciatori, non sono mai stato rigido. Ho sempre basato tutto sull’amicizia e sulla comprensione. Coi latini un sergente di ferro dura quindici giorni: occorrono invece persuasione e convinzione. Io sono quello che ha cominciato coi cartelli sui muri degli spogliatoi, ma sono anche quello che ha finito con le mogli in ritiro”. Ancora un campo inzuppato. L’Avellino non fa neanche un graffio alla barriera di Sarti, Raffaeli e Agostinelli . E il Rimini lo infila in contropiede: lungo rinvio proprio di Sarti, che attiva Berlini. Cross e inzuccata di Fagni. Fino al settantesimo, quando l’arbitro decide che è finita: perché il pallone non rimbalza più. Si deve rifare tutto. Anche se Helenio rimane tranquillo: “La considero vinta oggi. E vinceremo anche la ripetizione”. Si è già acclimatato. Forse rimane a vita e compra un albergo a Riccione. Compare al campo per l’allenamento di buon mattino. Vuole conoscere meglio i calciatori. Ma nella sala attigua agli spogliatoi nessuna scritta a scopo motivazionale. Campeggia invece la foto di una finta calciatrice : biondissima e addosso un micro-slip. Lui fa segni con la testa, approva. Col Taranto, Sollier fuori per infortunio, gioca Carnevali: “Le tre punte sono d’obbligo. Giocheremo a viso aperto. Vogliamo la vittoria”. Lo sguardo è sempre fisso sul campo. A questa età doveva capitargli ancora: fare l’allenatore senza panchina, come in Nazionale nel dopo-Corea. Ma a quei tempi lui era al top. Il Rimini aspetta l’avversario, si chiude . Dietro è diventata una squadra più che pratica, quasi marmorea. Invulnerabile . E poi riparte: la chiude 2-0 con due contropiedi.
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