Il gruppo Bse si allontana da Rimini

Marc

Ac Rimini 1912-Bse, siamo ai titoli di coda e la colonna sonora è dei Jalisse con l’indimenticato “Fiumi di Parole”. Purtroppo manca il lieto fine. Ieri le due parti si sono quasi definitivamente allontanate.
Come in tutta questa storia manca l’ufficialità, quindi un piccolissimo margine è bene lasciarlo aperto, ma ormai è andata. Negli ultimi giorni sono successe molte cose, poche però quelle che servivano alla trattativa. Diciamolo chiaramente, quello che serve al Rimini sono soldi freschi, con i progetti e i piani industriali, per quanto seri e ben impostati, non si tampona il contingente, l’immediato, quello che succederà domani. Il motivo per cui tutto starebbe per saltare è semplice. La Bse ha sempre sostenuto che l’acquisizione del Rimini fa parte di un più ampio piano industriale di 12 milioni di euro, che deve essere finanziato, in questo caso si è sempre parlato da un pool di banche. Se c’è una soluzione al piano industriale che prevede l’apertura di una rete di distribuzione, si chiude anche per il Rimini, diversamente tutto si complica. Negli ultimi giorni, visto che il piano finanziario che sta a monte di quello industriale non era ancora pronto, è stata individuata una soluzione ponte, da qui fino a giugno. E’ stato chiesto ai soci attuali di resistere fino a quella data, ma questi ultimi, anche per motivi legittimi, hanno chiesto di rientrare dal prestito fatto negli ultimi mesi e dalle loro esposizioni. Lo stesso pagamento degli stipendi di lunedì è stato fatto a prezzo di grandi sacrifici e solo alcuni soci hanno fatto la loro parte.
Insomma, non c’è stata la possibilità di traghettare la società per i prossimi quattro mesi. Un peccato, perché il piano della Bse per Rimini e la dorsale Adriatica, che prevede l’apertura di una decina di market, va avanti. Basti pensare che ieri l’amministratore delegato della Bse-Sopa, Americo Romano, si è incontrato con il sindaco Andrea Gnassi per presentare l’intero progetto. Insomma, la sostanza c’è, ma non coincidono i tempi. Perché il Rimini ha urgente bisogno di liquidità.E ora? Nell’anno del centenario paradossalmente il Rimini sta vivendo il suo momento più delicato. Sullo sfondo rimane l’interessamento di Antonio Esposito, un imprenditore riminese che vive a Roma dove ha 30 negozi di telefonia, personaggio piuttosto conosciuto nel mondo del calcio, visto che è il presidente del Marino. Suo nonno è stato dirigente del Rimini e lui, come si dice da queste parti, “non si butta via”. «In linea di massima il Rimini mi interessa - dice - bisognerebbe dare un’occhiata ai conti per vedere la situazione».Lei in questi giorni ha intrattenuto rapporti con il presidente Biagio Amati? «Nessun rapporto, ci siamo visti allo stadio, mi ha invitato perché siamo amici da sempre e io, da riminese, sono venuto volentieri. Per il momento non ci siamo sentiti, ma se la trattativa con la Bse è effettivamente saltata, ci sentiremo di sicuro. Ci siamo lasciati con questo accordo: se la trattativa non fosse andata in porto, ne avremmo riparlato».Dica la verità, le piacerebbe fare calcio a Rimini? «Sarebbe una sfida di grande impatto emotivo, Rimini è una piazza importante ed è casa mia, sarebbe una cosa bella e piacevole, bisogna vedere se siamo adatti, se ne abbiamo le capacità. Al momento ci sono tanti se, ma laddove ce ne sia la possibilità di dare una mano sarei contento e orgoglioso». Morto un Papa, se ne fa un altro. Anzi, dimessosi un Papa, si cerca il sostituto.